Hardware da gioco, fine di un’era

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C’è un evidente cambiamento in atto nei confronti della concezione stessa del mercato console per come era strutturato dagli anni ’80 a poco tempo fa. Per un medium considerabile finora come “sistemico”, che anzi trovava proprio in questa sua caratteristica uno degli elementi di maggiore distinzione con gli altri media, il progressivo passaggio da una concezione chiusa di hardware e software compatibile a una situazione molto più aperta e fluida ha tutto l’aspetto di un cambio di paradigma fondamentale. Un elemento distintivo del videogioco come mezzo di comunicazione, per così dire, era il fatto di poter essere fruito solo attraverso un dispositivo per il quale questo era progettato, cosa che non esiste per qualsiasi altro prodotto d’intrattenimento multimediale, che può essere utilizzato su un qualsiasi lettore di un dato supporto fisico, a prescindere dalle sue caratteristiche e dalla compagnia che l’ha costruito.

In questo senso si poteva definire il videogioco come medium sistemico, perché non poteva prescindere dall’hardware per il quale era progettato, ma questa definizione è ormai superata sotto molti aspetti. La questione aveva senso all’epoca delle console a cartucce in particolare, quando gli hardware erano fortemente customizzati e lo sviluppo dei videogiochi subiva variazioni notevoli anche nel caso dei multipiattaforma, ma questa visione ha cominciato a scricchiolare fino a dissolversi quasi completamente con l’attuale generazione e l’adozione di un’architettura comune per due delle tre console maggiori, peraltro assimilabili praticamente a quella standard del PC. In sostanza, l’unico produttore che prosegue sulla vecchia strada è ancora una volta Nintendo, per la quale in effetti il discorso del superamento dell’hardware come lo conosciamo da sempre non è ancora valido.

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