Arrivano i chip intelligenti di Microsoft

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Grazie al Project Catapult la casa di Redmond è riuscita a “cambiare pelle” prima che fosse troppo tardi, trasformandosi da una “semplice” software house in una società informatica a 360 gradi, capace di progettare sia il software sia le componenti hardware necessari al funzionamento dei suoi servizi online, Bing in testa. Non è un caso, dunque, che oggi Microsoft sia in prima linea nello sviluppo di applicativi legati a doppio filo all’intelligenza artificiale e al machine learning e sia pronta a sfidare ad armi pari i vari Amazon e Google.

Nel dicembre 2012 Doug Burger si presentò di fronte a Steve Ballmer (allora Ceo di Microsoft) con un’idea piuttosto singolare. Visionaria, potremmo dire. L’ingegnere esperto in architettura hardware prospettò al suo boss un futuro immediato piuttosto differente rispetto a quello che poteva immaginare. Da lì a qualche anno il mondo dell’informatica sarebbe stato dominato da una manciata di aziende capaci di offrire a miliardi di utenti decine di servizi uno differente dall’altro. Per fare ciò, però, sarebbe stato necessario che queste stesse aziende progettassero e realizzassero da sé anche processori e componenti hardware improntati alle peculiarità dei propri software e quindi ottimizzati allo scopo di fornire i propri servizi a tutti gli utenti nel miglior modo possibile.

Una previsione che non trovò inizialmente d’accordo Ballmer: per oltre 40 anni Microsoft era stata in grado di restare sulla cresta dell’onda occupandosi di software e lasciando ad altri (IMB in primis) l’incombenza di progettare l’hardware. A supportare la tesi di Burger intervenne Qi Lu, sviluppatore che da qualche tempo si occupava dello sviluppo di Bing, il motore di ricerca di Microsoft.

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