Moderatori di Facebook: il loro compito

Violenze sessuali e verbali, decapitazioni, suicidi: è solo una parte di ciò che ogni giorno si trovano davanti agli occhi i moderatori di Facebook, ovvero quelle persone scelte per fare da “spazzini” a tutto il male che viene pubblicato sul social network. L’opera di depurazione non è però priva di pesanti risvolti psicologici: il Guardian ha spiegato come vivono davvero questi addetti ai lavori, tra notti insonni e incubi, oberati, sottopagati e privi di assistenza di alcun tipo.

Dopo aver svelato i “Facebook files”, ossia le guide fornite ai moderatori dal colosso del web che stabiliscono ciò che è ammesso o meno sulle nostre bacheche, il giornale inglese ha scavato nelle loro vite, scoprendo, grazie a testimonianze di ex dipendenti, i lati negativi del loro lavoro. “Non c’era alcun aspetto positivo – ha raccontato una fonte -. Dovevi essere operativo ogni mattina alle 9, accendere il computer e guardare qualcuno a cui veniva tagliata la testa. Ogni giorno, ogni minuto, ecco cosa vedevi. Le teste tagliate”.

“Eravamo sottopagati e sottostimati”, ha raccontato un altro dipendente, che ha ammesso di guadagnare circa 15 dollari all’ora per rimuovere i post a sfondo terroristico, dopo un training durato due settimane. La procedura è semplice: foto, video, profili e gruppi vengono segnalati dagli utenti o dall’algoritmo e il team di moderatori deve decidere se mantenerli oppure rimuoverli. “Ogni giorno c’è qualcuno che va dallo psicologo. Altri non riescono a dormire o hanno incubi”.

“Gli psicologi dicono che le conseguenze, quando si guardano immagini estreme, che si tratti di atti di violenza terroristica o abusi sui minori, possono essere pesanti”, scrive la giornalista Olivia Solon. Per avere un’idea delle proporzioni, basti pensare che sempre il Guardian pochi giorni fa ha svelato il numero dei potenziali casi di vendetta sessuale, veicolati attraverso la piattaforma, che Facebook ha dovuto analizzare: 54mila episodi in un solo mese. Per questo motivo, i lavoratori devono essere ben preparati, ma sia il training sia il supporto psicologico risultano insufficienti.

Se da una parte l’opera di pulizia può potenzialmente migliorare la vita di molti (basti pensare ai casi di revenge porn), dall’altra è necessario che la figura dei moderatori venga valorizzata e presa in giusta considerazione: è questo il messaggio centrale dell’inchiesta del Guardian, che ha gettato una luce su una realtà ancora poco conosciuta.

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